La speranza non è in vendita: si al microcredito, ma senza false illusioni

Ho udito il grido del mio popolo’. Questa frase, tratta dal terzo capitolo del libro dell’Esodo, mi ritorna in mente in questi giorni ogni qual volta si sentono notizie che riguardano la crisi e le difficoltà della gente. Frase che penso riecheggi nella nostra Chiesa locale, la quale vive la necessità di caricarsi delle preoccupazioni e delle speranze del proprio popolo di fedeli.
Davanti alla crisi e alla disperazione che segnano il nostro tempo non possiamo fare a meno di interrogarci su quanto sta accadendo. Non però come si fa nei Tg o sui giornali, elencando il numero e i nomi delle persone che si tolgono la vita, anche nel nostro territorio, o che compiono azioni irrazionali e sconsiderate contro i simboli delle istituzioni, ma tentando di dare un aiuto, seppur piccolo e insufficiente e, soprattutto informando in maniera corretta la gente, sgombrando così il campo da qualunque possibile illusione.
Come molti sapranno, per fronteggiare la crisi e le situazioni di disagio e povertà che stanno colpendo molte famiglie, sono stati messi a disposizione due strumenti di aiuto economico finanziario: il Prestito della Speranza e il Microcredito regionale. Fin dalla loro presentazione i media ne hanno dato grande risalto, senza però badare con attenzione ai requisiti e ai limiti che questi due strumenti, seppur utilissimi e nobili, presentano.
Tutto ciò ha generato un effetto illusione che porta a credere che essi rappresentino la soluzione a tutti i problemi.
Così abbiamo visto singole persone o intere famiglie spedite come pacchi postali dai patronati o dalle banche, ora alla Caritas, ora allo sportello del Progetto Policoro o dai parroci, per ricevere un aiuto. Tutte queste persone attendono risposte che a volte, però, sono purtroppo diverse da quelle che si aspettano e questo, perché l’urgenza della contingenza, la superficialità e la disinformazione, rischiano di creare false illusioni.
E’ necessario, quindi, fare chiarezza su questi strumenti di aiuto economico alle famiglie che, nella nostra diocesi, sono gestiti dai volontari della Caritas, della Pastorale Sociale e del Progetto Policoro.
Il Prestito della Speranza è un’iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana e dell’Associazione Bancaria Italiana per l’erogazione di finanziamenti a un tasso agevolato alle famiglie fondate sul matrimonio o al genitore affidatario
dei figli, in caso di separazione. Esso ammette due forme di finanziamento: il microcredito sociale di importo non superiore a 6 mila euro, per famiglie in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale; il microcredito di impresa di importo non superiore a 25 mila euro a persone fisiche o società di persone o società cooperative, per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa.
Il Microcredito regionale si rivolge alle famiglie che si trovano in uno stato di temporaneo disagio economico e a rischio di usura. Le famiglie potranno attingere al fondo nei seguenti casi: esigenze di carattere abitativo; motivi riguardanti la salute; percorsi educativi o di istruzione; progetti di vita familiare volti a migliorare le condizioni sociali, economiche e lavorative.
Ogni prestito non può superare l’importo di 6.000,00 euro ad un tasso del 5 % circa.
Entrambi gli strumenti si rivolgono alle famiglie. Quindi tra i primi requisiti è necessario essere sposati e presentare agli operatori volontari il certificato di matrimonio e lo stato di famiglia.
Entrambi, inoltre, essendo dei prestiti e non delle erogazione a fondo perduto, richiedono alle famiglie la capacità di restituzione. È comunque necessario dimostrare la capacità di restituire i soldi ricevuti attraverso la presentazione, sia della dichiarazione dei redditi, oltre che dell’ultima busta paga, o dell’indennità di disoccupazione o di cassa integrazione e, per i pensionati, del cedolino pensione e del CUD. Bisogna, quindi, documentare l’esistenza di fonti di reddito. Pertanto, chi si trova in una situazione di disagio e non ha questi requisiti, purtroppo non può accedere a queste forme di sostegno economico.
È chiaro che questo non significa chiudere le porte a chi ha bisogno, ma certamente evita false illusioni da parte di chi si rivolge a noi. Tuttavia non possiamo non prendere a cuore le esigenze e i bisogni, facendo il possibile per rispettare e difendere la dignità di ogni persona senza mai dimenticare quella dimensione caritativa che è alla base di ogni nostra azione. Un agire che non sia solo assistenziale ma, anche e soprattutto, educativo. Pertanto, per quanti operano all’interno delle parrocchie, dei centri d’ascolto, degli uffici diocesani e, soprattutto per tutti le donne e gli uomini di buona volontà, è necessario mettere in pratica la carità alla luce della verità.
Conoscere, informare e condividere è necessario per aiutare senza creare false aspettative e illusioni. Senza il sapere, il fare è cieco, e il sapere è sterile senza amore. (Marzia Carrubba)