Percoso tematico diocesano: “La prima stella”

Venerdì 16 marzo il ‘I Percorso Cinematografico Diocesano’ è giunto al suo terzo appuntamento con la proiezione del film ‘La prima stella’,  del francese Lucien Jean-Baptiste che nel film interpreta Jean Gabriel, il protagonista,  nel quale racconta un fatto della sua infanzia.
Le delicate  tematiche che con stile leggero e ironico il regista affronta sono quelle dell’integrazione degli immigrati antillani in Francia, quindi del difficile compito della costruzione di un’identità culturale da parte di una minoranza etnica, dei matrimoni misti tra bianchi e neri, del razzismo, della disoccupazione: tutti argomenti che fanno da cornice al tema principale del film, ovvero, l’altrettanto difficile quanto tarda costruzione, da parte del protagonista Jean Gabriel, di una identità genitoriale matura e responsabile.
Jean Gabriel, sposato con una donna bianca e padre di tre figli, è un uomo disoccupato, un pò pigro, che passa gran parte del suo tempo al bar con gli amici giocando i pochi soldi che ha sulle corse dei cavalli. Un giorno, per accontentare una richiesta della sua bambina, promette che porterà tutta la famiglia a fare una vacanza sulla neve, pur consapevole di non avere i mezzi economici per poterlo fare, ma cullandosi sulla certezza che potrà contare, come sempre, sull’aiuto della moglie Suzy. Ma stavolta Suzy, stanca della situazione, lo costringerà a mantenere la parola data senza il suo appoggio obbligandolo a prendersi le proprie responsabilità. Così Jean Gabriel, che evidentemente non ha ancora effettuato quella transizione dalla condizione di figlio a quella di genitore, dovrà inventare di tutto pur di mantenere la promessa e cercare di diventare finalmente un padre responsabile, correndo in tal modo tutti i costi e rischi che questo arduo viaggio di trasformazione della propria identità comporta.
Nel caso del protagonista, inoltre, il cammino diventa ancora più difficile, perché ai rischi connessi alla costruzione della propria genitorialità, se ne va ad assommare un altro, ossia quello di aiutare i figli nel periodo critico dell’adolescenza a formare una loro senso di identità che in questo caso diventa un’identità ‘doppia’ in quanto figli di una coppia mista, identità sulla quale si baseranno la loro autostima e il loro futuro benessere psicologico. Questi ragazzi infatti, come tutti i figli di coppie miste, dovranno cercare di trarre il meglio da entrambe le culture di appartenenza trovando fra queste un punto di incontro per potere vivere la propria adolescenza al meglio senza che questo benessere psicologico venga influenzato dagli inevitabili problemi a cui andranno incontro, e dovranno riuscire a fare ciò, anche e soprattutto, attraverso la relazione con i genitori: questa relazione infatti, se sana, permette di superare quei passaggi critici da una condizione nota ad una nuova, passaggi che obbligano ogni familiare a riorganizzare il proprio Io e i propri rapporti. Ma Jean Gabriel, che non ha ancora imparato a prendersi cura dei suoi figli, non è pronto per questo difficile compito e se ne renderà conto solo nel momento in cui la sua bambina, che dovrà partecipare ad un concorso di canto dove ‘tutti gli altri bambini sono bianchi e con i capelli lisci’,  gli chiederà il motivo per il quale anche lei non è nata bianca e perché lui che è nero si è innamorato di una donna bianca. A quel punto Jean Gabriel, che fino a quel momento si era preoccupato dell’assenza della moglie durante la vacanza solo perché avrebbe dovuto prendersi lui cura dei suoi figli, cosa alla quale non era abituato, entra in crisi e si rende conto che forse è arrivato il momento di dare una svolta alla sua vita di marito e di padre. Questa domanda della figlia sarà l’occasione per indurlo a ripensare al suo rapporto di coppia e recuperarne le radici profonde, a ricordarsi che l’amore per sua moglie e per quello che questa donna ha dentro di sé, gli ha fatto superare qualsiasi differenza di cultura e ‘di pelle’ . Si renderà conto che diventare un buon marito, diventare una coppia, costruire una famiglia e quindi diventare un ‘buon padre’ non significa abbandonare la propria individualità, ma significa unire due individualità, un Io e un Tu, che insieme gettano le basi e uniscono le loro forze per diventare Noi.
L’assenza dalla vacanza della moglie Suzy diventa inoltre l’occasione per la presenza di un’altra donna, la mamma di Jean Gabriel, che lui aveva chiamato con l’intento di sostituire Suzy nelle faccende di casa e nel badare ai figli. Questa donna, astuta e intelligente, sa che il suo lavoro di madre non è ancora giunto al termine, che deve ancora accompagnare Jean Gabriel nella sua transizione dalla condizione di figlio a quella di genitore e in questa vacanza trova l’opportunità per farlo, lasciando il figlio solo di fronte alle proprie responsabilità, rifiutandosi di fare da sostituta della moglie. Ella non perderà occasione per far riflettere Jean Gabriel sugli sbagli che sta commettendo come padre e come marito prima di tutto, e farà in modo che per lui questa disastrosa vacanza diventi l’opportunità per regalare a suoi bambini bei ricordi valorizzando il tempo trascorso insieme e per mettere ordine alla sua vita e costruire così quelle relazioni  serene che diano loro una vita felice.
Alla fine del film, con l’arrivo della moglie Susy in montagna, la logica dell’amore vince come sempre su tutto e la famiglia rimane quel magico posto dove, grazie al dialogo autentico e costante, è possibile crescere in qualsiasi momento della vita nonostante le differenze, i contrasti e le sofferenze. (Alida Spitaleri)