Una emergenza sociale. Nel suo intervento il card. Bagnasco ha parlato del gioco d’azzardo come di ‘una piovra che allunga i suoi mortali tentacoli promettendo molto e sradicando moltissimo, non di rado tutto’. Ha spiegato che si tratta di ‘una vera emergenza sociale’ perché ‘quando si bruciano le risorse, inseguendo il miraggio della vincita, resta solo la cenere e, per continuare a sbarcare l’inevitabile lunario, si cercano altre strade rovinose per sé e per i propri cari’. Ha ricordato che ‘in Italia ci sono 1 milione e 800 mila giocatori a rischio, e tra questi 800 mila sono da considerarsi ‘malati’ perché giocatori patologici e compulsivi’ e che ‘nello scorso anno sono stati bruciati circa ottanta miliardi, quasi il doppio della manovra ‘salva Italia’ del Governo Monti’. Il cardinale ha poi spiegato che ‘l’azzardo esasperato, mentre illude, si rivela essere un fattore non indifferente del malessere generale e di destabilizzazione sociale, creando dei circoli viziosi non solo per i singoli che entrano nel giro della dipendenza psicologica ed emotiva, ma anche per la collettività intera che viene a risentirne sul piano della solidità e della sicurezza’. Il card. Bagnasco ha quindi parlato dell’esigenza di una ‘cultura più umana’ e di ‘una società educante’ ricordando ‘una verità che oggi spesso viene non solo disattesa, ma anche negata’ ossia ‘che siamo legati gli uni altri, e che ogni comportamento personale ha risvolti anche sul piano sociale, ricade prima o dopo su tutti’.
Serve una cultura diversa. Per questo ‘un primo rimedio da invocare per noi e per il Paese è una cultura diversa da quella che viene mediata continuamente e che respiriamo; una cultura che non ci è estranea ma che dobbiamo tutti richiamare alla coscienza’. Il cardinale ha ricordato le ‘storture culturali ed educative che, se non riprese e corrette con decisione e unitariamente, coltivano illusioni devastanti a cui seguono infelicità e depressione non solo dei singoli – soprattutto delle giovani generazioni – ma della società intera’. Tali storture sono ‘sono quelle note del mito della vita facile e gaudente, come se la disciplina, la fatica e l’impegno quotidiano fossero cose superate d’altri tempi, magari oggetto di irrisione’. Al contrario ‘l’opera educativa aiuta ad una presa di coscienza serena e onesta di se stessi, delle proprie capacità, senza depressioni e senza presunzioni; allena ad avere la misura delle cose, anche delle aspettative’. Da qui l’appello affinché ‘la famiglia non sia lasciata sola dalla società, né nel compito educativo né nelle sue dinamiche interne che devono trovare – all’occorrenza – delle interlocuzioni appropriate’ e l’auspicio affinché ‘l’intera società che diventare educativa’. (fonte SIR)