Il gioco d’azzardo: un rovinoso miraggio

Il card. Angelo Bagnasco richiama l'urgenza di una risposta educativa e politica

‘Per superare la piaga del gioco d’azzardo è necessaria una proposta educativa perché la radice del fenomeno è di tipo culturale’. Si tratta di un fenomeno che ‘fa parte del post moderno, di una fase culturale in cui la mancanza di punti di riferimento fa scattare altri miti’. Sono le parole usate questa mattina dall’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, al suo arrivo al convegno su ‘Gioco d’azzardo ed usura’ che si è svolto presso la sala Quadrivium. Maurizio Fiasco, sociologo della Consulta nazionale Fondazione Antiusura di Roma ha ricordato che ‘il gioco d’azzardo di massa non è un male necessario ma una perdita secca per tutti, famiglie, economica e fiscalità dello Stato’. Lo psichiatra e responsabile del Sert Genova Ponente, Giorgio Schiappacasse, ha parlato di un ‘debito educativo’ che abbiamo con i nostri figli e che ‘stiamo avvelenando il loro futuro’ perché il gioco d’azzardo si basa su di una ‘finanza drogata che non produce beni che potranno spendere le generazioni future’. Ha ricordato che ‘tutti abbiamo responsabilità educative’ e che possiamo iniziare a combattere il fenomeno ‘con azioni concrete, con un cambiamento concreto, mettendo in campo una alleanza educativa collettiva’. Matteo Iori, presidente del Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo, ha ricordato che ‘si parla molto dei problemi della dipendenza da droghe illegali, alcool e tabacco mentre quella del gioco d’azzardo è una dipendenza di cui non si parla mai’. Anzi, ‘lo Stato promuove nuovi giochi’ e ‘le multinazionali del gioco diffondono l’idea che la vincita sia a portata di mano e convincono le persone più fragili’. Al contrario ‘in altri paesi europei seppure si giochi di meno che in Italia, la patologia del gioco è riconosciuta’. All’inizio del convegno, mons. Marco Granara, presidente della Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso di Genova, che ha promosso l’iniziativa, ha affermato che ‘la Politica non ha solo da risanare bilanci amministrativi ma di verificare le emergenze morali legate alle quali non ci sono solo le direttive qualitative del vivere sociale ma la stessa economia del Paese’.

Una emergenza sociale. Nel suo intervento il card. Bagnasco ha parlato del gioco d’azzardo come di ‘una piovra che allunga i suoi mortali tentacoli promettendo molto e sradicando moltissimo, non di rado tutto’. Ha spiegato che si tratta di ‘una vera emergenza sociale’ perché ‘quando si bruciano le risorse, inseguendo il miraggio della vincita, resta solo la cenere e, per continuare a sbarcare l’inevitabile lunario, si cercano altre strade rovinose per sé e per i propri cari’. Ha ricordato che ‘in Italia ci sono 1 milione e 800 mila giocatori a rischio, e tra questi 800 mila sono da considerarsi ‘malati’ perché giocatori patologici e compulsivi’ e che ‘nello scorso anno sono stati bruciati circa ottanta miliardi, quasi il doppio della manovra ‘salva Italia’ del Governo Monti’. Il cardinale ha poi spiegato che ‘l’azzardo esasperato, mentre illude, si rivela essere un fattore non indifferente del malessere generale e di destabilizzazione sociale, creando dei circoli viziosi non solo per i singoli che entrano nel giro della dipendenza psicologica ed emotiva, ma anche per la collettività intera che viene a risentirne sul piano della solidità e della sicurezza’. Il card. Bagnasco ha quindi parlato dell’esigenza di una ‘cultura più umana’ e di ‘una società educante’ ricordando ‘una verità che oggi spesso viene non solo disattesa, ma anche negata’ ossia ‘che siamo legati gli uni altri, e che ogni comportamento personale ha risvolti anche sul piano sociale, ricade prima o dopo su tutti’.

Serve una cultura diversa. Per questo ‘un primo rimedio da invocare per noi e per il Paese è una cultura diversa da quella che viene mediata continuamente e che respiriamo; una cultura che non ci è estranea ma che dobbiamo tutti richiamare alla coscienza’. Il cardinale ha ricordato le ‘storture culturali ed educative che, se non riprese e corrette con decisione e unitariamente, coltivano illusioni devastanti a cui seguono infelicità e depressione non solo dei singoli – soprattutto delle giovani generazioni – ma della società intera’. Tali storture sono ‘sono quelle note del mito della vita facile e gaudente, come se la disciplina, la fatica e l’impegno quotidiano fossero cose superate d’altri tempi, magari oggetto di irrisione’. Al contrario ‘l’opera educativa aiuta ad una presa di coscienza serena e onesta di se stessi, delle proprie capacità, senza depressioni e senza presunzioni; allena ad avere la misura delle cose, anche delle aspettative’. Da qui l’appello affinché ‘la famiglia non sia lasciata sola dalla società, né nel compito educativo né nelle sue dinamiche interne che devono trovare – all’occorrenza – delle interlocuzioni appropriate’ e l’auspicio affinché ‘l’intera società che diventare educativa’. (fonte SIR)